In una mite giornata primaverile, il corpo senza vita di Anita Polena viene trovato incastrato tra gli scogli di Riva Fiorita a Posillipo, seminudo, con le manette ai polsi, e una strana incisione dietro la schiena che richiama i lupanari, le case d’appuntamento degli antichi romani. Un dettaglio insolito per una rispettabile professoressa universitaria.
Siamo in una Napoli immaginaria – qualche minuto nel futuro – dove tutto funziona, e tutto è in continua evoluzione. Come se il magma del vulcano, che si muove lento ma sicuro nelle viscere della città, sia riuscito a penetrare anche sulla superficie, facendo diventare Napoli una città più fluida, moderna, e funzionale, ma soprattutto una città libera dalle redini del crimine organizzato. Una situazione resa possibile dall’istituzione dell’Ufficio Concretezza – una sorta di circoscrizione con un potere esecutivo aumentato – in cui opera con successo il commissario capo Giovanni Sermoneta.
A condurre le indagini sarà proprio Sermoneta, un uomo sibillino, visionario, emotivamente instabile, con un duro passato alle spalle, assistito dallo zelante e ambizioso collega Zollo.
A distanza di qualche giorno dal ritrovamento della Polena, un secondo omicidio complicherà le indagini portando gli inquirenti a sospettare anche su soggetti inimmaginabili. Un disegno preciso sembrerà voler restaurare il vecchio potere criminale portando il caso a una svolta inaspettata.
Con uno stile lineare, immediato e coinvolgente, l’autore descrive l’affascinante mercato dell’arte e i retroscena dei poteri istituzionali costruendo un complesso intreccio narrativo, ricco di colpi di scena.
Dopo Il trasloco del Vesuvio, Le seconde vite è il secondo volume di Roberto D’Alessandro che ha come protagonista il vicequestore Sermoneta. Roberto, nelle precedenti vite, è stato anche giornalista (Roma, il Manifesto, Avvenimenti, Corriere del Mezzogiorno) e sceneggiatore (Un posto al Sole, La Squadra, Agrodolce e Sottocasa). Per le vite future non ha fatto ancora programmi, se non quello di vincere il Pallone d’Oro per qualche stagione.
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"È notte. Il commissario è a letto, col portatile sulle gambe e le braccia dietro la testa, il busto leggermente sollevato. E pensa. Questa storia del passato da guardare con occhi diversi, come diceva Concetta, è una di quelle frasi che colpiscono la sensibilità di Sermoneta, soprattutto visto lo stato in cui si trova. Per non parlare di quelle del padre e della sua teoria che spesso le risposte sono a portata di mano, basta saperle cercare. Frasi che non passano inosservate, anzi. Gli restano lì per un po’. Gli ballano nel cervello. Poi le assimila. Le metabolizza. Se ne nutre. Magari le rielabora, le associa ad altri pensieri. Come un cuoco che combina degli ingredienti molto diversi fra loro, ma riesce a cucinare il piatto giusto. Del resto, non è quella l’arte dell’investigazione? Dare senso a una serie di indizi sparsi, spesso slegati fra loro, e produrre un’ipotesi plausibile?"
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